Le 7 psicotrappole del Pensiero

Le 7 psicotrappole del Pensiero
Le 7 psicotrappole del Pensiero

“La vita non è un film” si dice spesso. Eppure tutti noi recitiamo una parte. Con questo non voglio fare un discorso moralista sull’indossare maschere o sul cambiare modi di fare. Adattarsi ai diversi contesti è utile: sarebbe stupido non farlo. Le parti di cui parliamo sono più difficili da identificare, perché non ci accorgiamo di recitarle.

Questi, seppur ci sembrano totalmente dipendenti dal nostro intelletto, in realtà sono state e sono ancora influenzati da tutte le esperienze, dalla cultura e dalle credenze con cui siamo cresciuti e con cui siamo venuti in contatto.

Riuscire a distinguere le situazioni in cui decidiamo usando solo la nostra testa e quelle in cui siamo attori involontari di un copione che qualcun altro ha scritto è insidioso e richiede molta attenzione. Per restare in metafora, dovremmo oltre che essere attori, diventare anche registi e sceneggiatori del film che stiamo recitando.

Fortunatamente per noi, i copioni che tendiamo a recitare non sono infiniti e una volta individuati possono essere facilmente riscritti, in modo da compiere davvero la scelta che a rigor di logica risulta migliore.

Le 7 psicotrappole del Pensiero:

1. L’inganno delle aspettative

A chi non è mai successo di aver qualcuno che ha deluso le proprie aspettative? E il problema è ancora maggiore perché spesso coinvolge persone importanti affettivamente o emotivamente. Ma quello che dobbiamo chiederci è: su quali basi abbiamo poggiato le nostre aspettative?

È infatti una tendenza insita nell’uomo quella di attribuire ad altri le proprie percezioni e convinzioni aspettandosi in risposta determinate azioni e reazioni. Ma se si tiene conto che ognuno di noi si è evoluto attraverso esperienze differenti ed è dotato di caratteristiche bio-psicologiche del tutto originali e irripetibili, questa attribuzione non ha alcun senso. Purtroppo questa psicotrappola si estende pressoché a tutte le sfere della nostra esistenza. Possiamo infatti essere vittime delle nostre aspettative non solo nei confronti degli altri, ma anche e soprattutto riguardo noi stessi. Quante volte abbiamo pensato che sarebbe giusto fare più attività fisica o passare più tempo in famiglia e poi abbiamo fatto altro?

Per non incorrere in questa psicotrappola è necessario evitare di irrigidirci nella nostra prospettiva come se fosse l’unica e la migliore, cioè bisogna costantemente esercitarsi ad indossare i panni degli altri e ad analizzare le questioni partendo non solo dalle prospettive proprie ma anche da quelle delle altre persone. Cercare insomma di essere una sorta di “Grande Fratello” imparziale che valuti attraverso la più ampia gamma di angolazioni possibili.

2. L’illusione della conoscenza definitiva

Questa psicotrappola riguarda l’illusione tipica dell’uomo moderno di ottenere il potere su ogni cosa attraverso la conoscenza. Quest’ultima ci è certo utile ed è la molla che ci fa progredire, ma spesso tendiamo a sopravvalutarne la portata, specie quando si parla di eventi dettati dal caso. Nel farlo, soddisfiamo il nostro bisogno naturale di sentirci rassicurati, ma al contempo commettiamo anche un grossolano errore di valutazione.

Pensiamo ad esempio alle crisi economiche. Seppur conosciamo quali sono le singole leggi che muovono le nostre azioni in ambito economico, non siamo in grado di prevederle. Analogamente, in un’azienda, un’eccessiva attenzione ai particolari, dettata dalla pretesa di voler sapere ogni minimo dettaglio del nostro lavoro, può portare a perdere di vista il quadro generale con effetti disastrosi.

Per evitare l’illusione di aver trovato la risposta definitiva ai nostri problemi, dobbiamo verificare quanto la conoscenza di cui siamo alla ricerca tenda a rassicurarci. Più è rassicurante, più c’è la possibilità che tu stia cercando quell’informazione proprio per questo e non perché sia la verità o perché sia effettivamente utile.

3. Il mito del ragionamento perfetto

Mentre le prime due psicotrappole connotano la maggior parte della popolazione, la numero 3 è tipica delle persone maggiormente intelligenti e intellettualmente più elevate. Si tratta dell’idea secondo cui, attraverso un ragionamento che rispetti i criteri della logica razionale, si possano affrontare tutti i problemi e le difficoltà della vita.

Ma siamo davvero così intelligenti da poter trovare una soluzione a qualsiasi tipo di problema col solo ragionamento?

Hegel diceva: “Se la teoria non concorda con i fatti, tanto peggio per i fatti”. Una cosa bellissima da dire se si è dei filosofi e non si hanno necessità imminenti. Provate un po’ a spiegare ai vostri collaboratori o al vostro capo che non è il vostro progetto ad essere sbagliato, ma l’obiettivo aziendale non in grado di renderlo realizzabile…

Per evitare un’ingloriosa presentazione aziendale e non lasciarsi sopraffare da un ragionamento che tanto più ci sembra bello quanto meno è utile, bisogna valutare se ciascuno dei singoli passaggi del nostro ragionamento possa essere espresso solo tramite strumenti matematico/logici. Nel caso non sia possibile, ovvero, nel caso in cui la nostra idea sia anche influenzata da altri fattori (come ad esempio emozioni e sensazioni personali), allora occorre fermarsi un attimo prima.

4. Lo sento quindi è

Questa psicotrappola si contrappone alla numero 3. Da un lato c’è una fede cieca nella capacità dell’uomo di poter ragionare su tutto, dall’altro il lasciarsi trasportare da sensazioni che non sono corroborate dai fatti.

Il così detto “sesto senso” o istinto può fare più danni che altro. La psicotrappola del “me lo sento, quindi è così” non solo può portare a valutazioni erronee, ma può anche innescare un meccanismo detto “profezia che si autoavvera”, cosicché vengono attribuite a qualcuno o qualcosa certe proprietà senza averne alcuna prova tangibile. Questo sia in negativo che in positivo. È come se indossassimo delle lenti deformanti che alterano la percezione di quello che abbiamo intorno.

Per evitare questa psicotrappola è necessario che l’intuizione sia sostenuta da fatti concreti, che il “sentire” sia seguito dal “toccare” con mano. Insomma, siate dei San Tommaso e siatelo soprattutto nei confronti delle vostre stesse percezioni!

5. Il pensare positivo

Il pensiero positivo e l’ottimismo sono strumenti molto utili se gestiti propriamente, diventano però un problema quando la loro applicazione si limita semplicemente al ripetersi davanti allo specchio: “Ce la farò, ce la farò, ce la farò”. Infatti, tanto meno siamo pratici delle tecniche su come implementare la nostra capacità di produrre dei cambiamenti reali grazie all’ottimismo, tanto più abbiamo la possibilità di basare il nostro benessere su fragili fondamenta che verranno spazzate via al primo soffio di vento.

Per evitare questa psicotrappola, bisogna eludere la tendenza a creare illusioni volontarie. Basate i vostri sforzi su un’efficacia comprovata e non su fantastiche quanto fragili chimere.

6. Coerenza ad ogni costo

Nonostante ci ripetiamo spesso che solo gli stupidi non cambiamo mai idea, la coerenza con i nostri valori e con le nostre idee rimane per molti di noi un punto di vanto, tanto che spesso siamo disposti a tutto pur di non retrocedere dalla nostra posizione, anche quando qualcun altro riesce a dimostrarci che in realtà si trattava di una posizione errata. Semplicemente ci affezioniamo alle nostre idee e poi ci dispiace vederle smontate dalle parole altrui.

Di coerenza muoiono tante aziende ogni anno: per rimanere fedeli alla mission che le ha portate al successo non si evolvono per adattarsi agli sviluppi e ai mutamenti dei mercati (i casi di Kodak e Blockbuster ti ricordano niente?). Per prevenire questa psicotrappola è necessario imparare ad accettare le incoerenze: sia le altrui che le proprie!

L’ambivalenza è connaturata nell’essere umano, non dobbiamo avere paura di fare un passo indietro. Come diceva Walt Withman: “Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Contengo moltitudini.”

7. Sopravvalutare e sottovalutare

Due lati della stessa medaglia, una medaglia ben costosa però. Tendiamo infatti a sopravvalutare le doti delle persone che ci piacciono e a sottostimare quelle che non ci vanno a genio. Ma costruire un ambiente artificiale in cui gli amici sono belli e bravi e quelli che non ci sono simpatici buoni a nulla e raccomandati ci porterà prima o poi a dover fare i conti della realtà.

Quanti padri, sopravvalutando i meriti dei figli, gli lasciano in mano un’azienda faticosamente costruita negli anni per vederla poi fallire a causa dell’arroganza o dell’incapacità? Per evitare di cadere in questa psicotrappola è necessario collezionare quanti più pareri possibili su una determinata idea o su una persona, e soprattutto fare in modo che questi pareri non vi arrivino solo da persone che sono disposte a darvi sempre ragione. Volendo interpretare in un altro modo il detto popolare: “Tenetevi vicini gli amici e ancora più vicini i nemici”, possiamo dire che la vicinanza con persone a noi sgradite potrebbe non essere un male così grande tutto sommato. Mettete alla prova i vostri giudizi, chiunque essi riguardino.

Queste 7 psicotrappole del pensiero sono state individuate dal Prof. Giorgio Nardone che al contempo è riuscito a collezionare, nel trattarle, una percentuale di risoluzione dell’89%!

Fonte: www.performancestrategies.it

Il Grande Inganno

Il grande inganno

Internet ha aggiunto un filtro tra noi e la realtà. Polarizzando le opinioni e falsando la percezione dei fatti.

Non è possibile catalogare l’informazione entro i termini della semplice dicotomia tra vero e falso. Esiste il concetto di incertezza. E a complicare il quadro ci sono i social, dove i contenuti diventano popolari in base a quanti like ricevono.

Come impone il buonsenso, la rete (e tutto quello che ne deriva, dal web ai social, fino alle app) è uno strumento. Uno strumento formidabile. In grado di farci accedere a conoscenza, informazione e cultura. Capace di demolire rendite di posizione; di denunciare scandali locali o internazionali; di rivoluzionare, far nascere o distruggere business e aziende; di consentire a molti di noi di continuare a lavorare (anche in presenza di una pandemia) e molto altro. Ma, come tutti gli strumenti potenti, deve essere maneggiato con cura. E, soprattutto, conosciuto, compreso. In particolare ora, dopo un anno e mezzo vissuto praticamente sempre online a causa del coronavirus. Gran parte dei nostri comportamenti, del nostro mestiere, delle nostre relazioni, dei nostri consumi e delle nostre esternazioni sono, infatti, stati mediati dallo schermo di un dispositivo collegato a internet.

Tutto questo ha fatto sì che ci rinchiudessimo ancora di più in quella bolla che caratterizza i social media dalla loro nascita. Abbiamo vissuto all’interno delle nostre bolle che rispetto a dieci anni fa hanno delle pareti più spesse, grazie ad algoritmi più potenti. Oggi sono in grado di personalizzare sempre meglio l’offerta di contenuti e di informazione a cui veniamo sottoposti ogni volta che apriamo uno smartphone, un computer o una tv per leggere un articolo, ascoltare un podcast o della musica, oppure vedere una serie. Un esempio: basti pensare che i software di raccomandazione su Netflix sono responsabili del 75 per cento di ciò che il pubblico guarda e rappresentano il motore che convince i clienti a mantenere attivo l’abbonamento. Dinamiche simili riguardano anche Instagram, TikTok, Spotify e Amazon. Finché consumiamo, il “danno” è tutto sommato limitato. Ma ci sono maggiori pericoli quando dobbiamo costruirci un’opinione su un fatto e si passa dalla dimensione di consumatori a quella di cittadini. Per due motivi.

Il primo ha a che fare con gli algoritmi che, consigliandoci contenuti in base ai nostri interessi, rischiano solo di rafforzare le convinzioni e al tempo stesso di sfavorire il confronto, il dialogo. La seconda ragione, invece, è intrinsecamente legata a come sono strutturati i social network e le conversazioni che lì nascono. Infatti, dietro ai pollici alzati, ai cuoricini e alle varie emoji c’è una modalità di discutere che ormai di frequente falsa la percezione della realtà, eliminando la complessità di cui è fatta la vita.