La maggior parte delle scelte che compiamo ogni giorno non sono frutto di riflessioni consapevoli bensì di abitudini. E benché, singolarmente prese, non abbiano grande significato, nel loro complesso le abitudini influenzano enormemente la nostra salute, il nostro lavoro, la nostra situazione economica e la nostra felicità.
Le abitudini non sono un destino a cui siamo costretti a piegarci. Le abitudini si possono ignorare, modificare o sostituire. L’abitudine ci rivela una verità fondamentale: quando si forma, il cervello non partecipa più al processo decisionale.
Alleggerirsi di certi atteggiamenti mentali, significa attivare nuovi modi di approcciare le cose, diventare consapevoli dei pensieri negativi con i quali carichiamo la vita. Ecco 11 atteggiamenti mentali e pensieri negativi ricorrenti:
Ragionare troppo
Preoccuparsi in modo ossessivo per qualcosa che deve avvenire, (molto spesso fattore predittivo diretto del fallimento) con ipotesi ripetitive del tipo “se io, se poi… “, sprecando preziose risorse ed energie utili ad elaborazioni più fruttuose. Oppure rimuginare sulle cose, ingrandirle, farle esplodere, dargli potere dentro di noi.
Essere abitudinari
Accomodarsi nell’abitudine, dicendosi le stesse cose, analizzando le situazioni con identici criteri. Un loop mentale, un allenamento automatico che ci porta a comportare nello stesso modo, non sempre efficace. E non ci rende elastici, tonici e leggeri.
Lamentarsi
Lamentarsi e ancora lamentarsi, esasperare se stessi e gli altri. Orientare i pensieri solo verso direzioni negative, avvilendoci, fare i disfattisti, gli autodistruttivi e autosabotanti, rimanendo in uno stato di inattività che non ci rende produttivi e creativi. I pensieri da bruciare, quelli limitanti, sono “non ce la farò mai“, “è inutile che provi”, “perché succede tutto a me… “. Ammesso invece dirsi sinceramente “ho dei dubbi”, “mi sento insicura”…
Il vittimismo
Cercare di continuo fuori da noi i motivi dei fallimenti, covare rancori, atteggiarsi da vittima o pensare di essere sempre vittima, pensare di non avere controllo su quello che ci accade. Tutto ciò crea in noi il bisogno di un cuscino adiposo per reggere meglio i colpi della vita, fare zavorra, segnare la nostra presenza, nascondersi nelle insicurezze.
Avere un dialogo interno auto-svalutante
Il “dialogo interno” è quella sorta di voce interiore che ci accompagna in tutto quello che facciamo. Esso è formato dai pensieri che formuliamo sul mondo. Poichè il dialogo interno costituisce di fatto un insieme di messaggi che inviamo a noi stessi, se è prevalentemente di matrice negativa, esso rischia di sabotare gravemente il nostro benessere.
Avere attitudini pessimistiche
Una tra le più controproducenti forme di pensiero consiste nel partire da una situazione e vedere solo il lato negativo, o addirittura ipotizzare il peggio. Per molte persone, guardare il bicchiere mezzo vuoto è un’attitudine abituale e automatica.
In realtà, è il modo in cui si sceglie di guardare le circostanze che rende la situazione positiva o negativa, e questa scelta può immediatamente renderci più forti o più deboli, più felici o più tristi, potenti o vittime. Dipende tutto da come scegliete di osservare il momento.
Fare paragoni negativi con gli altri
Uno dei più facili e comuni modi per sentirsi tristi e insoddisfatti è paragonare se stessi agli altri, in particolare con persone irraggiungibili. Spesso tendiamo a fare confronti con persone che ricevono un sacco di complimenti, che sono molto attraenti, che fanno molti soldi, o che hanno moltissimi contatti sui social. Quando vi trovate a desiderare quello che hanno gli altri, e vi sentite invidiosi, inferiori e inadeguati, molto probabilmente state mettendo in atto paragoni sociali negativi.
Rimuginare sul passato
Dovremmo imparare dal passato, non farci schiacciare da esso. Può capitare che circostanze avverse della vita ed episodi personali negativi possano bloccarci, farci diventare insicuri nelle scelte e non farci riconoscere nuove brillanti opportunità. Tuttavia, mentre ciò che è avvenuto nel passato non può essere modificato, abbiamo la possibilità di dare una nuova forma a quello che deve ancora accadere. Il primo passo è quello di rompere col passato e dichiarare che siamo noi, non la nostra storia, ad essere in gioco adesso.
Sentirsi impotenti di fronte a persone ostili
È frequente incontrare sulla propria strada persone difficili. Di fronte a questi individui che cercano continuamente la sfida, è facile arrivare a credere che loro siano forti e noi le vittime, e che con il loro comportamento aggressivo abbiano il controllo su di noi. Molti nostri atteggiamenti di fuga, anche se giustificati, sono notevolmente influenzati dalla convinzione della propria debolezza. La chiave per cambiare questa falsa credenza di essere vittime di un prepotente è spostarsi dalla condizione di passività a quella di attività.
Colpevolizzare gli altri
Colpevolizzare consiste nel far sentire gli altri responsabili delle proprie disgrazie. Molte persone hanno l’abitudine di buttare la colpa della loro infelicità o mancanza di successo su genitori inefficienti, relazioni negative, su svantaggi socio-economici o sulla salute precaria. Certamente è vero che la vita è piena di difficoltà, ed innegabili sono il dolore e le sofferenze che ne conseguono, tuttavia incolpare gli altri della propria infelicità e assumere il ruolo di vittima non è un atteggiamento efficace.
Avere difficoltà a perdonare se stessi
Tutti noi commettiamo errori nella vita. Quando guardate indietro alle vostre azioni passate, ci sono decisioni e gesti che rimpiangete di aver fatto? Ci sono stati errori sfortunati di giudizio che hanno causato dolore a voi stessi e agli altri? Credo proprio che tutti risponderemmo di sì. La domanda più importante, dunque, è un’altra: come rievocate questi eventi passati? Pensate a voi come delle cattive persone e vi sentite in colpa per avere fatto male qualcosa o aver perso delle opportunità? molto dipende da come leggiamo e rileggiamo gli eventi! Durante questi momenti difficili, è estremamente importante essere compassionevoli con se stessi.
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